Con l’art. 1 del D.L. 27 maggio 2008, n. 93 è stata disposta, come si legge dalla rubrica della norma, “l’esenzione ICI prima casa”. Nonostante l’utilizzazione, nel comma 1 dell’art. 1 in esame, della locuzione “esclusa dall’imposta comunale sugli immobili”, dalla lettura dell’intero articolato si evince che il reale intento del legislatore è stato quello di introdurre, a decorrere dall’anno 2008, una norma di esenzione a favore dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo.
In base a detta disposizione i contribuenti che si trovano nelle condizioni previste dalla norma di favore e che saranno di seguito illustrate non sono tenuti a corrispondere l’ICI sull’abitazione principale già a decorrere dal versamento in acconto per l’anno 2008 che, ai sensi dell’art. 10, comma 2, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, deve essere effettuato entro il prossimo 16 giugno.
Conseguentemente i contribuenti che godono dell’esenzione in questione non devono compilare né il bollettino di conto corrente postale, né il modello F24.
1. - Le condizioni per il riconoscimento dell’esenzione.
L’esenzione deve essere riconosciuta a tutte le tipologie di immobili destinati ad abitazioni principale, ad eccezione di quelli appartenenti alle seguenti categorie catastali:
- A/1: abitazioni di tipo signorile;
- A/8: ville;
- A/9: castelli e palazzi eminenti.
Per il riconoscimento dell’esenzione è necessario, quindi, che ricorrano, in linea generale, le seguenti condizioni:
• la sussistenza della soggettività passiva in capo ad una persona fisica che possiede un immobile a titolo di proprietà o altro diritto reale;
• l’iscrizione dell’immobile in una categoria catastale diversa da A/1, A/8 ed A/9;
• la concreta destinazione dell’unità immobiliare ad abitazione principale da parte dello stesso soggetto.
Queste condizioni debbono coesistere, in quanto la norma richiede che un particolare immobile si collochi in una posizione che lo relazioni, da un lato, ad un determinato soggetto e, dall’altro, ad un particolare scopo.
É opportuno, però, sottolineare che, in virtù di specifiche previsioni della norma in esame, il regime di favore è stato esteso anche a fattispecie che prescindono dalla sussistenza di alcune delle condizioni innanzi elencate, come verrà di seguito evidenziato.
2. - La definzione di abitazione principale.
Per la definizione di abitazione principale il comma 2 dell’art. 1 in esame rinvia a quella contenuta nel D.Lgs. n. 504 del 1992, che disciplina il tributo.
In particolare occorre fare riferimento all’art. 8, comma 2, del D.Lgs. n. 504 del 1992, il quale stabilisce che per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale, ed i suoi familiari dimorano abitualmente e che, a seguito delle modifiche apportate dall’art. 1, comma 173, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si identifica, salvo prova contraria, con quella di residenza anagrafica.
Quest’ultima norma ha introdotto, infatti, una presunzione relativa che legittima l’equiparazione tra dimora abituale e residenza anagrafica, a condizione che venga dato spazio alla prova contraria, che deve essere fornita dallo stesso contribuente, il quale deve dimostrare di aver fissato la propria abitazione principale in un immobile diverso da quello di residenza anagrafica.
É opportuno sottolineare che il rinvio alle disposizioni concernenti l’abitazione principale deve ritenersi effettuato all’intera disciplina di tali immobili, circostanza che induce ad affermare che l’esenzione deve essere riconosciuta nei limiti in cui l’unità immobiliare è effettivamente destinata ad abitazione principale.
Ciò comporta che se l'immobile è:
• adibito ad abitazione principale da più soggetti passivi, l’esenzione spetta a ciascuno di essi;
• di proprietà di tre soggetti, ma solamente due di essi lo hanno adibito ad abitazione principale, l’ICI continua ad essere dovuta da colui che non lo ha destinato a tale uso.
Pertanto, a mero titolo esemplificativo, se A è proprietario dell’immobile per il 50%, B per il 30% e C per il 20%, ma esso è stato adibito ad abitazione principale soltanto da B e C, solo questi ultimi hanno diritto all’esenzione disposta dalla norma in esame, mentre A deve versare l’ICI calcolata sulla base della propria quota di possesso.
Naturalmente nel caso in cui il contribuente trasferisca la propria abitazione principale nel corso dell’anno in un altro immobile, l’esenzione deve essere riconosciuta a ciascuna unità immobiliare proporzionalmente al periodo dell’anno in cui si protrae tale destinazione. Detto principio regola, del resto, l’intera disciplina delle esenzioni dall’ICI racchiuse nell’art. 7 del D.Lgs. n. 504 del 1992, il cui comma 2 stabilisce espressamente che “l’esenzione spetta per il periodo dell’anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte” dalla legge.
3. - Le pertinenze dell’abitazione principale.
La norma di esenzione non menziona le pertinenze dell’abitazione principale, vale a dire gli immobili che, a norma dell’art. 817 del codice civile, sono destinati, dal proprietario della cosa principale o da chi ha un diritto reale sulla stessa, in modo durevole a suo servizio od ornamento.
Il silenzio della legge è significativo, in quanto legittima di per sé l’estensione dell’esenzione in esame alle eventuali pertinenze dell’abitazione principale, anche se distintamente iscritte in catasto, dal momento che, in base all’art. 818 del codice civile, “gli atti e i rapporti giuridici che hanno per oggetto la cosa principale comprendono anche le pertinenze, se non è diversamente disposto”.
É opportuno chiarire che le pertinenze sono esenti nei limiti eventualmente stabiliti nel regolamento comunale, poiché, come affermato dal Consiglio di Stato nel parere n. 1279/98 del 24 novembre 1998, la possibilità per i comuni di introdurre norme integrative o anche eventualmente derogatorie rispetto alle disposizioni generali del codice civile non si pone affatto in contraddizione con le stesse. Occorre, difatti, rilevare che il citato art. 818 del codice civile, nello stabilire che le pertinenze sono assoggettate allo stesso trattamento della cosa principale, lascia spazio ad una specifica deroga al criterio generale fissato dal precedente art. 817 ad opera di una norma positiva.
É appena il caso di precisare che quanto sostenuto a proposito di trasferimento dell’abitazione principale nel corso dell’anno vale anche per le pertinenze.
4. - Gli immobili assimilati alle abitazioni principali.
L’esenzione va, inoltre, riconosciuta, come si legge nel comma 2 dell’art. 1 del D.L. n. 93 del 2008, a tutte le unità immobiliari che il comune, con regolamento vigente alla data di entrata in vigore del decreto, ha assimilato alle abitazioni principali.
Nel concetto di “assimilazione” vanno ricomprese tutte le ipotesi in cui il comune, indipendentemente dalla dizione utilizzata, ha inteso estendere i benefici previsti per le abitazioni principali.
La disposizione di favore opera indipendentemente dalla circostanza che il comune abbia assimilato dette abitazioni ai soli fini della detrazione e/o dell’aliquota agevolata, poiché la norma non effettua alcuna distinzione al riguardo, ma si sofferma esclusivamente sulla scelta adottata dal comune in ordine all’equiparazione delle unità immobiliari in questione alle abitazioni principali.
Occorre sottolineare che il comma 2 dell’art. 1 della disposizione in esame fissa un preciso limite ai fini del riconoscimento dell’esenzione, costituito dal fatto che l’assimilazione deve essere contenuta nel regolamento comunale vigente alla data di entrata in vigore del decreto-legge, e cioè il 29 maggio 2008.
Pertanto, sono esclusi dal beneficio in parola quegli immobili che sono stati oggetto di assimilazione all’abitazione principale con regolamento divenuto esecutivo, ai sensi dell’art. 134 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, successivamente a detta data, indipendentemente dal fatto che, in virtù di quanto stabilito dal combinato disposto del comma 16 dell’art. 53 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 e del comma 169 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, gli effetti di tali provvedimenti retroagiscono alla data del 1° gennaio dell’anno di riferimento.
É necessario precisare che, data la chiara finalità della norma di esenzione in commento, i comuni con regolamenti successivi alla data del 29 maggio 2008, non possono restringere le fattispecie di assimilazione già riconosciute nei precedenti regolamenti, poichè ciò contrasterebbe con la lettera della norma e comporterebbe un’illegittima limitazione di un diritto ormai acquisito dai soggetti passivi delle unità immobiliari assimilate all’abitazione principale di cui al comma 2 dell’art. 1 in esame.
5. - Le altre fattispecie di esenzione.
L’esenzione dall’ICI è espressamente riconosciuta dal comma 3 dell’art. 1 del D.L. n. 93 del 2008 anche nei casi previsti:
- dall’art. 6, comma 3-bis, del D.Lgs. n. 504 del 1992, concernente la disciplina della ex casa coniugale;
- dall’art. 8, comma 4, del D.Lgs. n. 504 del 1992, relativo agli immobili delle cooperative edilizie a proprietà indivisa e degli istituti autonomi per le case popolari - IACP.
A) L’esenzione della ex casa coniugale.
Il comma 3-bis dell’art. 6 del D. Lgs. n. 504 del 1992 stabilisce che “il soggetto passivo che, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, non risulta assegnatario della casa coniugale, determina l'imposta dovuta applicando l'aliquota deliberata dal comune per l'abitazione principale e le detrazioni di cui all'articolo 8, commi 2 e 2-bis, calcolate in proporzione alla quota posseduta. Le disposizioni del presente comma si applicano a condizione che il soggetto passivo non sia titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale su un immobile destinato ad abitazione situato nello stesso comune ove è ubicata la casa coniugale”.
Naturalmente detta disposizione deve essere inquadrata nel contesto del nuovo regime di favore recato dalla norma in oggetto che estende esplicitamente al coniuge non assegnatario della ex casa coniugale il medesimo beneficio previsto per l’abitazione principale.
Si deve innanzitutto precisare che l’esenzione dall’ICI opera solo ove ricorrano le condizioni prescritte dal comma 3-bis dell’art. 6 del D.Lgs. n. 504 del 1992, e cioè che il coniuge non assegnatario della casa coniugale “non sia titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale su un immobile destinato ad abitazione situato nello stesso comune ove è ubicata la casa coniugale”.
É necessario sottolineare che, da un’attenta lettura della norma e dall’analisi della sua ratio ispiratrice, risulta che, pur in assenza di un esplicito riferimento, il legislatore, nel parlare di “immobile destinato ad abitazione”, ha inteso richiamarsi esclusivamente a quello utilizzato dal soggetto passivo come abitazione principale.
Pertanto, se il coniuge non assegnatario possiede nello stesso comune di ubicazione dell’ex casa coniugale un’altra abitazione che ha, ad esempio, locato, e non può, quindi, utilizzarla come abitazione principale, l’esenzione ICI per la ex casa coniugale si rende comunque applicabile.
Si precisa, inoltre, che il coniuge non assegnatario dell’ex casa coniugale può godere dell’esenzione dall’ICI per detta unità immobiliare anche nel caso in cui adibisca ad abitazione principale un immobile di cui è proprietario o sul quale esercita un altro diritto reale situato in un comune diverso da quello in cui è ubicata l’ex casa coniugale, giacché l’unica condizione posta a suo carico per usufruire del beneficio in questione è che egli non possieda un’abitazione principale “nello stesso comune ove è ubicata la casa coniugale”.
In sostanza, al coniuge non assegnatario dell’ex casa coniugale deve essere accordata l’esenzione sia per quest’ultima e sia per l’unità immobiliare dove ha la sua residenza anagrafica, situata in un comune diverso da quello in cui è ubicata la ex casa coniugale.
L’esenzione deve essere riconosciuta anche nel caso in cui il soggetto non assegnatario della casa coniugale abbia la propria abitazione principale presso un immobile, ubicato nello stesso comune ove è situata l’ex casa coniugale, di proprietà esclusiva di un familiare che glielo ha concesso in uso gratuito.
In siffatta ipotesi, invero, si delineano due distinte situazioni giuridico-soggettive rilevanti ai fini dell’applicazione dell’ICI che devono essere valutate attentamente ai fini del riconoscimento dell’esenzione.
Infatti, il coniuge non assegnatario dell’ex casa coniugale si trova nelle condizioni richieste dall’art. 6, comma 3-bis, del D.Lgs. n. 504 del 1992, in quanto l’immobile adibito ad abitazione principale non è di sua proprietà, nè su di esso vanta alcun diritto reale e può, pertanto, godere dell’esenzione dall’ICI per l’ex casa coniugale.
Il familiare che gli ha concesso l’immobile in uso gratuito, invece, può a sua volta godere per detto immobile dell’esenzione dall’ICI ma soltanto nel caso in cui il comune, con regolamento vigente alla data del 29 maggio 2008, ha disposto l’assimilazione all’abitazione principale per gli immobili concessi in uso gratuito a parenti in linea retta o collaterale, ai sensi dell’art. 59, comma 1, lettera e), del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446; nel caso contrario è tenuto al pagamento del tributo.
Vale la pena di precisare che l’esenzione dall’ICI non può essere riconosciuta nell’ipotesi in cui la ex casa coniugale appartenga ad una delle categorie catastali A1, A8 e A9.
B) L’esenzione degli immobili delle cooperative edilizie e degli IACP.
L’art. 1, comma 3, del D.L. n. 93 del 2008, prevede espressamente che l’esenzione in questione si applica anche nei casi previsti dall’art. 8, comma 4, del D.Lgs. n. 504 del 1992, che disciplina le fattispecie relative:
- alle unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari;
- agli alloggi regolarmente assegnati dagli istituti autonomi per le case popolari - IACP.
La disposizione deve intendersi applicabile anche agli enti di edilizia residenziale pubblica, comunque denominati, aventi le stesse finalità degli IACP, istituiti in attuazione dell’art. 93 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
6. - I casi di esclusione dall’esenzione.
L’esenzione dall’ICI non opera per le seguenti fattispecie:
A) Le abitazioni di categoria catastale A1, A8 e A9.
Come già accennato, il comma 2 dell’art. 1 del D.L. n. 93 del 2008, nell’individuare la nozione di abitazione principale, ne esclude quelle appartenenti alle categorie catastali A1, A8 e A9. In realtà la lettura sistematica delle disposizioni esonerative porta a ritenere che detta eccezione vada riferita all’esenzione dall’ICI, in quanto la stessa norma precisa che a dette unità immobiliari continua, comunque, ad essere riconosciuta la detrazione di base di cui all’art. 8, commi 2 e 3, del D.Lgs. n. 504 del 1992.
Ai fini dell’applicazione della disposizione in commento è sufficiente la semplice appartenenza dell’immobile ad una delle suddette categorie catastali, a nulla rilevando la sussistenza o meno delle “Caratteristiche delle abitazioni di lusso” individuate con decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969.
B) I cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato.
La norma ha espressamente individuato gli immobili a cui deve essere riconosciuta l’esenzione in discorso e tra questi non sono ricomprese le unità immobiliari possedute dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato, per cui si deve ritenere che detti immobili siano esclusi dal beneficio in questione.
Le norme sulle esenzioni, infatti, hanno natura speciale e derogatoria della norma generale, e perciò - in base alle disposizioni dell’art. 12 delle preleggi - sono di stretta interpretazione e non possono, per questo motivo, essere applicate al di fuori delle ipotesi tipiche e tassative indicate, stante il divieto, da sempre ribadito dalla Corte di Cassazione (v., ex pluribus, sentenza n. 10646 del 20 maggio 2005), “non solo di applicazione analogica, ma anche di interpretazione estensiva, posto in riferimento alla legge speciale dall'art. 14 delle disposizioni preliminari al codice civile” in base al quale le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi ed i tempi in esse considerati.
É necessario, però, precisare che, a norma dell’art. 1, comma 4-bis del D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 1993, n. 75, alle unità immobiliari possedute in Italia a titolo di proprietà o di usufrutto, dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato, continua ad essere riconosciuta la detrazione di base di cui all’art. 8, comma 2, del D.Lgs. n. 504 del 1992, a condizione che non risultino locate, come si evince anche dalla relazione illustrativa al provvedimento in oggetto.
Tuttavia, tali unità immobiliari possono godere dell’esenzione dall’ICI nel caso in cui i regolamenti comunali, vigenti alla data del 29 maggio 2008, ne abbiano espressamente previsto l’assimilazione all’abitazione principale.
7. - Il rimborso ai comuni del mancato gettito.
Il comma 4 dell’art. 1 del D.L. n. 93 del 2008, disciplina il rimborso del mancato gettito dell’imposta relativa all’esenzione disposta dal comma 1 della norma in esame e prevede a tal fine uno stanziamento, pari a 1.700 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008. Tale somma si aggiunge a quella che sarebbe derivata dall’applicazione del comma 2-bis dell’art. 8 del D.Lgs. n. 504 del 1992, concernente l’ulteriore detrazione pari all’1,33 per mille della base imponibile relativa all’abitazione principale.
I criteri e le modalità per l’erogazione del rimborso ai comuni dovranno essere stabiliti, in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del D.L. n. 93 del 2008, ed è attribuito al Ministro dell’interno il compito di attuare tali determinazioni con proprio decreto.
Il comma 5 dell’art. 1 in esame stabilisce che il Ministero dell’interno provvederà, inoltre, ad erogare direttamente all’Istituto per la finanza e l’economia locale - IFEL, vale a dire il soggetto di cui al D.M. 22 novembre 2005, lo 0,8 per mille dei rimborsi previsti dal comma 4.
Tale percentuale, che deve essere calcolata sul gettito dell’ICI, è quella posta a carico dei soggetti che provvedono alla riscossione, a norma del comma 5 dell’art. 10 del D.Lgs. n. 504 del 1992.
8. - I rimborsi ai contribuenti.
I contribuenti che hanno già provveduto ad effettuare il versamento dell’ICI relativa ad immobili per i quali il D.L. n. 93 del 2008 ha disposto l’esenzione dal tributo hanno diritto al rimborso dell’importo versato che deve essere disposto d’ufficio dai comuni, in applicazione dei principi di affidamento e di buona fede, contenuti nell’art. 10 della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante lo Statuto dei diritti del contribuente.
Il contribuente può, comunque, a norma del comma 164 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, presentare l’istanza di rimborso al comune di ubicazione degli immobili entro cinque anni dal giorno del versamento, ovvero da quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione, a meno che il comune non abbia, ai sensi dell’art. 1, comma 167, della legge n. 296 del 2006, disciplinato le modalità di compensazione per i tributi di propria competenza.
Lo stesso discorso vale anche per i contribuenti che, attraverso la compilazione del quadro I del modello 730/2008, hanno utilizzato il credito IRPEF in compensazione dell’ICI dovuta per l’abitazione principale.
9. - L’impatto dell’esezione sull’imposta di scopo.
L’esenzione dall’ICI dell’abitazione principale produce effetti anche in merito all’applicazione dell’imposta di scopo - ISCOP - per i comuni che l’hanno istituita a norma dei commi da 145 a 151 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, per la parziale copertura delle spese per la realizzazione di opere pubbliche individuate dal regolamento tra quelle indicate nel comma 149.
Dal momento che il comma 148 del citato art. 1 della legge n. 296 del 2006 stabilisce espressamente che per la disciplina dell'imposta si applicano le disposizioni vigenti in materia di ICI, diviene automatica l’esenzione dall’imposta di scopo per le unità immobiliari destinate ad abitazione principale.
10. - L’abrogazione di norme.
I commi 3 e 6 dell’art. 1 del D.L. n. 93 del 2008 stabiliscono l’abrogazione delle disposizioni incompatibili con la nuova disciplina esonerativa delle abitazioni principali, vale a dire:
- i commi 2-bis e 2-ter dell'art. 8 del D.Lgs. n. 504 del 1992.
Si tratta delle disposizioni introdotte dalla legge finanziaria per l’anno 2008, relative all’ulteriore detrazione per l’abitazione principale, che è completamente assorbita dalla nuova disciplina esonerativa in commento;
- il comma 4 dell'art. 6 del citato D. Lgs. n. 504 del 1992.
Detta norma prevedeva che “restano ferme le disposizioni dell'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 8 agosto 1996, n. 437, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 ottobre 1996, n. 556”. Le norme richiamate stabilivano che “ai fini dell'imposta comunale sugli immobili, i comuni possono deliberare, ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, una aliquota ridotta, comunque non inferiore al 4 per mille, in favore delle persone fisiche soggetti passivi e dei soci di cooperative edilizie a proprietà indivisa, residenti nel comune, per l’unità immobiliare direttamente adibita ad abitazione principale, nonché per quelle locate con contratto registrato ad un soggetto che le utilizzi come abitazione principale, a condizione che il gettito complessivo previsto sia almeno pari all'ultimo gettito annuale realizzato”.
Occorre, innanzitutto, evidenziare che la disposizione in questione avrebbe comunque perso significato, indipendentemente dalla sua abrogazione, in funzione della norma di esenzione per quanto riguarda i primi due casi enucleati e cioè quelli relativi ai soggetti passivi ed ai soci di cooperative edilizie a proprietà indivisa, “residenti nel comune, per l’unità immobiliare direttamente adibita ad abitazione principale”.
In merito, invece, alle “unità immobiliari locate con contratto registrato ad un soggetto che le utilizzi come abitazione principale”, si deve precisare che la norma in esame consentiva ai comuni soltanto di estendere l’aliquota ridotta a favore dei soggetti ivi indicati, ma non di assimilare dette unità immobiliari all’abitazione principale.
Pertanto, non è possibile riconoscere a questa specifica fattispecie l’esenzione disposta dall’art. 1 del D.L. n. 93 del 2008, poiché non si configura un’ipotesi di assimilazione, a meno che questa non sia stata espressamente prevista dal regolamento comunale, vigente alla data del 29 maggio 2008.
11. - Considerazioni sulla potestà regolamentare dei comuni.
É necessario precisare che l’abrogazione dell’art. 6, comma 4, del D.Lgs. n. 504 del 1992, come evidenziato nella relazione illustrativa al D.L. n. 93 del 2008, non preclude all’ente locale di adottare aliquote ridotte per le ipotesi residuali di abitazione principale innanzi illustrate, in quanto tale facoltà rientra, in ogni caso, tra quelle riconosciutegli in generale dall’art. 52 del D.Lgs. n. 446 del 1997.
La lettura sistematica della norma di esonero porta anche a concludere che gli immobili adibiti ad abitazione principale per i quali è ancora applicabile l’imposta - come, ad esempio, le abitazioni assimilate a quelle principali con regolamento la cui vigenza è successiva alla data del 29 maggio 2008, le abitazioni classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 - beneficiano della detrazione di base, pari a euro 103,29, stabilita dall’art. 8, comma 2, del D.Lgs. n. 504 del 1992.
Invero, il
comune può, altresì, continuare ad esercitare le
facoltà riconosciutegli da:
• il comma 3 dell’art. 8 del D.Lgs. n. 504 del 1992, in base al quale è possibile elevare l’importo della detrazione fino ad euro 258,23, oppure ridurre fino al 50% l’imposta dovuta per l’unità immobiliare assimilata;
• il comma 3 dell’art. 58 del D.Lgs. n. 446 del 1997, che prevede che “la detrazione di cui all'articolo 8, comma 3” del D.Lgs. n. 504 del 1992, può essere fissata in misura superiore a euro 258,23 e fino a concorrenza dell'imposta dovuta. In quest’ultimo caso, però, il comune che ha adottato detta deliberazione non può stabilire un’aliquota superiore a quella ordinaria per le unità immobiliari tenute a disposizione del contribuente.